venerdì 2 maggio 2014

Un fazzoletto non basta più.

Ora ho capito.
Temo che sia stato per tutte le volte che ho detto: "No, ce la faccio" e poi mi sono ritrovata nel cantuccio della mia cucina a bere una tazza di thè bollente. Temo sia stato per tutte le volte che ho detto: "Io riesco a scalare la montagna, non mi ferma nessuno" e poi nonostante la buona volontà mi sono ritrovata ai suoi piedi, stanca, esausta con la consapevolezza di vedere la vetta tanto lontana da scoraggiare ogni partenza.
Temo sia stato per tutte le volte che ho fatto diligentemente tutto quello che era giusto che facessi senza preoccuparmi abbastanza se fosse quello che volevo realmente io.
Temo che sia stato per tutte quelle volte che ho avuto la sensazione di non essere mai abbastanza, non sufficiente, e ho fatto in modo che mi andasse bene ugualmente.
Ora ho capito che per tutti questi episodi, piccolezze, attimi mal considerati, situazioni sempre giustificate dal mio buon senso che da un po' di tempo a questa parte non avevo più la forza di iniziare, finire o continuare niente che non fosse piangere. Senza un motivo reale ma come se tutte queste lacrime non riuscissero più a stare dentro, come se fossero vecchie di anni rimaste intrappolate in qualche grotta segreta della mia anima, come se si fosse rotto l'argine che da bravo soldatino avevo costruito.



Suono il campanello. 
La porta è aperta.
Odore di caffè e profumo di pulito. 
Lei mi viene incontro con un sorriso fresco e dolce.
Cerco di ricambiare maldestramente, mentre lo faccio sento i miei occhi bruciare ancora.
Non mi sento a mio agio, mi sono convinta solo perchè i miei genitori hanno insistito tanto e come al solito non sono abbastanza forte per dire di no.

Ci sediamo in una stanza calda e confortevole, il computer è acceso sulla scrivania.
Il mio sguardo cerca un lettino nel quale mi aspettavo di dover sdraiare i miei pensieri. 
Solo poltrone che sembrano essere comode.

Mi aspettavo indossasse in un completo elegante. 
Al contrario, veste in modo elegante una tuta comoda e informale.

Iniziamo a parlare e in meno di un minuto mi ritrovo a piangere e a scusarmi.
Lei sorride in un modo dolce e tranquillo, non dice niente. Mi ascolta.
Quella che doveva essere la nostra chiacchierata è più un mio flusso di coscienza che si agita tumultuoso tra un singhiozzo e l'altro.

Le sue parole cadono morbide nei miei silenzi e io sono perfettamente a mio agio con una sconosciuta mentre le racconto i miei segreti più intimi.

Mentre sto andando via mi sento sollevata, sarà pure perchè ho consumato una scatola di Kleenex.

Spero che questa sia la giusta direzione per ritrovarmi finalmente.