sabato 29 marzo 2014

Amicizia rara 2.0

Stamattina c'è il sole.
Sorrido aprendo i libri.
Sono contenta.


Giovedì è arrivato e l'ho rivisto. 
Lui Mi ha abbracciato.
Non ci siamo detti niente.
Niente discorsi lunghissimi e spiegazioni contorte.
Ci siamo abbracciati forte e in quei quattro secondi ci siamo detti tutto.
Ci siamo guardati e abbiamo sorriso. 
Lui mi ha accarezzato la testa e poi mi ha chiesto se volessimo andare a pranzo.
Finalmente siamo noi.
La sera, mi ha riaccompagnato a casa.
Io gli ho lasciato i biscotti perché non arrivasse a casa troppo affamato.

Venerdì mattina Lui è venuto a prendermi a casa.
Abbiamo fatto colazione al bar, insieme. 
Finalmente, siamo di nuovo noi.

Mi prende in giro ma non cerca i miei occhi. Ride, sicuro che io lo stia guardando e continua a guidare guardando dritto la strada.

Ora ho capito i limiti e le dimensioni spaziali. 
Ho capito che lui ha scelto di stare con lei. 
Lei non sono io. 
Noi siamo solo amici.
Va bene, anche se come ci guardiamo noi per me sarà sempre un sintomo di una malattia troppo rara da poter essere studiata.

mercoledì 26 marzo 2014

Quando meno te lo aspetti.

Oggi mi ha chiamato! 
Non il postino, non la signorina del call center, non il professore, non la mia migliore amica. 
P. 
Lui. 
Dopo DIECI giorni di religioso silenzio (immotivato) in cui ho resistito dal cercarlo e/o scrivergli e/o farmi sentire in qualsivoglia forma di comunicazione conosciuta dall'uomo e dagli animali, lui MI CHIAMA.

Dopo un pranzo frenetico vado a lezione sperando di vederlo.
Non c'è.
Sento la sua mancanza, il fatto che non possa neanche vederlo mi fa preoccupare. 
Ho la tentazione di scrivergli, ma non lo faccio. 
Sto buona, prendo la penna e inizio a prendere appunti.
Concentratissima sulle parole del professore non mi ero accorta che il telefono stesse vibrando. 
Apro la custodia. 
Vedo il suo nome scritto a caratteri cubitali.
Penso: "Cazzo!!!"
Rifiuto la chiamata, gli scrivo un messaggio: "sto a lezione, ti richiamo dopo!"


Tornata a casa, era passata ormai un'ora. 
Ho deciso che potevo richiamarlo. 
Abbiamo parlato di tutto, come ai vecchi tempi.
Ridevo tanto. 
Anche lui. 
Ero talmente emozionata che parlavo senza sosta, volevo raccontargli tutto, tutto quello che non ci siamo detto negli ultimi tempi, negli ultimi giorni.
Ero felice.
Ha detto che era preoccupato per me, voleva sapere come stessi. 
Ha detto che gli sono mancata. 
Io non ho risposto, ho tergiversato. 
Ultimamente lo so fare benissimo.
Dopo 20 minuti mi ha salutato: "vabbè allora ci vediamo giovedì"
Questo giovedì ci vediamo davvero.
Sarà un giorno come un altro, almeno spero. 
Mi è mancata così tanto la normalità.

sabato 22 marzo 2014

Cough / Thought.

In un sabato sera primaverile, resto a casa.
Obbligata ufficialmente dalla tosse che non mi lascia neanche il tempo di sviluppare una frase, interviene prepotente e le mani recuperano il fazzoletto che si è perso tra i libri sulla scrivania. 
Soffio il naso per l'ennesima volta e cerco di rubare un po' d'aria.
Ce la posso fare. Forse.
Quale sera migliore se non questa per riprendere il computer e scrivere come facevo una volta.
Solo io e il rumore dei tasti che si muovono sotto le dita. (Ah e ovviamente la mia amata tosse.)
Metto un po' di musica.
La voce di Chris Martin placa il mio stato di agitazione.

Nessuna novità.
Niente è cambiato.
Ha detto che avrebbe dovuto parlarmi, chiedermi scusa.
Ha detto che aveva capito di aver sbagliato e che avevo ragione ad essere arrabbiata.
Mi ha detto che Giovedì mi avrebbe spiegato.
Quel Giovedì non è mai arrivato.
Lui non si muove dalla sua comodissima posizione che lo lascia dormire tranquillo.
Io, non so neanche più come comportarmi.
Cerco di sopportare l'insopportabile, di digerire tutto, di lasciar correre, lasciar perdere.
Sono diventata bravissima nel fare finta che non mi importi più niente.
In realtà la verità è che mi importa ma non posso fare altro.

O meglio, potrei.

Potrei dirgli che non mi va più questa situazione.
Potrei dirgli che ho deciso che non voglio più stare male.
Potrei dirgli che non voglio più fare finta.
Potrei dirgli che visto che non vuole chiarire la situazione, io devo tagliare tutto.
Tagliare, chiudere, mettere un punto.
Perché invece mi accontento di stare male per la paura di stare peggio?

Sto a casa, in pigiama, respiro a malapena e tossisco troppo.
Parlo con me stessa attraverso i tasti di un computer ascoltando musica malinconica
Decisamente c'è qualcosa che non va.

1. Cambio musica: U2 - Beautiful Day.

Ok. Ora va meglio.

Vado a letto.
Premo il tasto RESET.
Vado a prendere un po' di sciroppo per i pensieri per la tosse.